Dalla burocrazia all’eccellenza clinica. Rendere utilizzabili come database i dati inseriti dai singoli punti nascita per audit e report locali
Alessandra Meloni – Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari
Claudio Crescini – Vicepresidente AOGOI
Fino ad oggi l’inserimento dei dati nel CedAP viene vissuto da molti come l’ennesima incombenza burocratica che grava sul personale di assistenza dei punti nascita già oberato di lavoro ed in ristrettezze di organico. Infatti i dati finiranno anonimi in un database unico e generale che produrrà un documento nazionale pubblicato con un ritardo di tre anni e di scarsa o nessuna utilità per coloro che pazientemente giorno dopo giorno li hanno inseriti. In realtà i dati di ogni punto nascita sarebbero preziosissimi se potessero essere utilizzati in proprio e autonomamente per misurare la propria attività ostetrica, verificarne gli esiti e le procedure assistenziali e modificare di conseguenza quanto non efficace o erroneo al fine di migliorare la performace.
Il Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) è stato convertito nella sua versione attuale con il DM 394/2001, recante: “Modificazioni al certificato di assistenza al parto, per la rilevazione dei dati di sanità pubblica e statistici di base relativi agli eventi di nascita, alla nati-mortalità ed ai nati affetti da malformazioni”.
Seppur in tempi diversi tutte le Regioni, e ogni punto nascita di ogni regione, trasmettono i relativi flussi digitalizzati al Ministero della Salute. Questo a sua volta elabora i dati per la stesura del “Rapporto annuale sull’evento nascita in Italia”, di cui l’ultimo pubblicato nel settembre 2019 fa riferimento ai dati CedAP 2016: la latenza temporale è funzionale all’acquisizione del flusso ed alle successive analisi su esso condotte.
Il CedAP costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita, rappresentando uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale in area materno-infantile (1).
La rilevazione dei dati in circostanza di parto è in capo prevalentemente all’ostetrica che raccoglie e registra informazioni di tipo:
- socio-demografico sul/sui genitore/i, dalla residenza al titolo di studio;
- sulle precedenti gravidanze, dal numero all’esito;
- sull’attuale gravidanza, dal concepimento al numero di visite e ecografie, al riferimento clinico assistenziale (consultorio, ospedale, ambulatori territoriali pubblici o privati);
- sul luogo e la modalità del parto, sul personale sanitario e persona di fiducia presenti, ricorso all’analgesia, etc.;
- sul neonato, dal peso all’Apgar, sulla necessità di manovre rianimatorie;
- sulla natimortalità;
- sulla presenza di malformazioni congenite.
Il CedAP è sottoscritto dal medico che ha assistito al parto o dal responsabile della U.O. di riferimento. Inoltre, può essere integrato da informazioni rilevate successivamente l’evento nascita (ad esempio malformazioni).
La rilevazione consente di conoscere il numero di tagli cesarei, di induzioni, la parità, il numero di pregressi tagli cesarei, la presentazione e posizione fetale, la modalità di insorgenza del travaglio, il tipo di parto e l’epoca gestazionale in cui avviene, tutti elementi correlabili internamente al certificato stesso con una misura dell’esito neonatale deducibile dal punteggio di APGAR a 5’ e/o dal ricorso di manovre rianimatorie in esso riportati.
All’interno della rilevazione che soddisfa il debito informativo ministeriale, ogni regione può integrare la stessa con la raccolta di informazioni aggiuntive o la declinazione più puntuale di alcune variabili. Infatti, seppure a macchia di leopardo e in modi differenti da regione a regione, si rilevano altre variabili quali, ad esempio, l’obesità materna, informazioni aggiuntive sulle modalità di induzione, sull’assistenza al parto (quali il ricorso alla manovra di Kristeller e l’episiotomia), sul ricorso a trasfusioni, sulla registrazione dei valori di pH e BE sul sangue cordonale, sul contatto pelle-a-pelle e altro.
Le informazioni veicolate col CedAP consentono di classificare le partorienti secondo la Classificazione di Robson, come raccomandato nello Statement dell’OMS del 2015 (2) (Fig.1). In tal modo è possibile analizzare e descrivere in maniera clinicamente rilevante, standardizzata, analitica e riproducibile nel tempo, la frequenza dei tagli cesarei come strumento di base di audit perinatale a livello locale e nazionale.
La classificazione di Robson rappresenta, infatti, il punto di partenza di un modello assistenziale basato sull’analisi dei processi in essere nelle pratica clinica e i relativi esiti materni e neonatali che ne derivano, tanto a livello locale che nazionale.
Citando lo stesso Robson la classificazione rappresenta un fondamentale supporto all’audit perinatale: “a common starting point for a different way of thinking” (3,4,5).
Come qualunque fonte informativa, in ambito sanitario e non, per la rilevazione del CedAP è fondamentale l’omogenea raccolta su tutto il territorio nazionale in modo accurato e completo per permettere una valutazione precisa, puntuale e comparabile sia della stessa realtà nel tempo, sia nel confronto tra realtà differenti (PN, ASL, Regione, Nazione).
Il CedAP è molto di più di un semplice contenitore di dati.
È un database formidabile per la capillarità con cui è alimentato in ogni punto nascita, come obbligo istituzionale. I dati sono inoltre incrociabili con le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) relative all’evento parto ed all’evento nascita e a eventuali ricoveri successivi della mamma e/o del neonato sulla base del medesimo codice identificativo. In tal modo si può ampliare il ventaglio delle informazioni recuperabili e le analisi effettuabili.
L’impegno e l’impiego di risorse per soddisfare il debito ministeriale imposto dalla raccolta dati dei CedAP, sarebbe ulteriormente valorizzabile in termini di qualità e accuratezza se i dati inseriti dall’ostetrica che assiste al parto fossero resi fruibili in tempo reale autonomamente a livello di ogni PN.
Tra gli innegabili vantaggi possiamo elencare:
- database disponibile in ogni sala parto,
- utilizzo dello stesso dato, quindi minore rischio di incoerenza dei dati raccolti da sistemi differenti riducendosi la necessità al ricorso ad altri database dedicati alla sala parto,
- possibilità di utilizzo immediato dei dati per gli audit clinici a livello locale, e quindi
- analisi e verifica locale della qualità dei dati,
- possibilità di monitoraggio locale delle attività svolte
- possibilità di utilizzo degli stessi indicatori, con uguale modalità di raccolta, sull’intero territorio nazionale,
- possibilità di confronto della qualità dell’analisi locale al momento della restituzione dei dati analizzati a livello centrale con il rapporto CedAP ministeriale,
- risparmio di tempo necessario per l’immissione dei dati in diversi sistemi di rilevazione, ovvero risparmio di risorse umane, tecnologiche e quindi economiche.
La qualità dei dati inseriti è, come detto, elemento essenziale ma il suo perseguimento necessita un monitoraggio continuo a partire da chi, operativamente, imputa il dato che, pertanto, deve poter verificare in tempo reale le informazioni raccolte.
Attualmente i dati trasmessi sono elaborati a livello centrale e restituiti agli operatori dopo anni dal momento dell’immissione, relegandone l’uso ad adempimento burocratico obbligatorio e portando all’adozione nei centri più virtuosi di software alternativi dedicati alla raccolta dati della sala parto. Questo implica un aggravio di lavoro per chi inserisce gli stessi dati più di una volta, aumentando il margine di errore e di conseguenza possibili diverse interpretazioni nell’analisi rispetto al dato ufficiale, soprattutto alimentando il disinteresse verso i dati deducibili dal CedAP squalificandolo come strumento per gli audit locali.
L’utilizzo dei dati del flusso CedAP in ogni punto nascita consentirebbe un feed-back immediato e conseguente valutazione della loro qualità assieme alla possibilità di innescare quel circolo virtuoso secondo cui la sicurezza e la qualità dell’assistenza in Sala Parto condizionino gli esiti e gli esiti stessi siano i drivers per un miglioramento continuo (Fig. 2).
In qualsiasi contesto conoscere i risultati della propria attività rappresenta la condizione essenziale per migliorare qualità e sicurezza.
Il tasso di tagli cesarei in Italia rappresenta un ottimo modello esemplificativo.
L’Italia conferma secondo il recente report Eurostat il suo tasso di tagli cesarei tra i più alti in Europa e decisamente al di sopra della media europea (6).
È noto da anni, parimenti, che esiste un gradiente Nord-Sud nel tasso di tagli cesarei (dati Programma Nazionale Esiti – PNE – 2019) (Fig.3), e questo gradiente è tristemente confermato anche per quanto riguarda la mortalità materna e perinatale (7,8).
La modalità del parto è strettamente correlata al posto in cui si partorisce.
Da ciò la necessità per ogni punto nascita di poter disporre di dati la cui qualità sia sotto stretto monitoraggio per poter classificare le donne secondo Robson secondo un unico algoritmo (9) (Fig.4) e comprendere i determinanti epidemiologici, sociali, organizzativi e clinici che influenzano il ricorso al taglio cesareo, non semplicemente correlabili alla latitudine in cui avviene il parto.
Il confronto nel tempo in una stessa struttura e il confronto tra strutture diverse offre l’opportunità di ragionare su differenze epidemiologiche e sui diversi processi assistenziali anche, semplicemente, osservando la composizione delle differenti classi di Robson (9).
Aspetto ulteriore sarebbe poter condividere e raccogliere uniformemente, nel tracciato CedAP nazionale, delle modifiche semplici ma fondamentali per la lettura dei determinanti al parto e che possono influire significativamente sugli esiti di salute a breve e lungo termine sia materni, sia neonatali.
Ad esempio, attualmente nell’attuale tracciato CedAP è richiesto il “Modo di induzione” esclusivamente indicando il“Primo metodo di induzione utilizzato (è possibile una sola risposta)”. Non è attualmente possibile tracciare in alcun modo l’uso dell’ossitocina, uno dei farmaci più frequentemente somministrati in sala parto in elenco tra quelli il cui uso richiede condizioni di elevato allerta (10).
L’introduzione di alcune variabili e la modifica della modalità di compilazione di alcuni campi consentirebbe di tracciare in modo completo ed esaustivo il percorso con cui si è giunti al parto (11). Esempio pratico sarebbe rappresentato dalla possibilità di utilizzare la scelta multipla in relazione agli eventi che concorrono al travaglio e al parto quali uso di differenti, e spesso associate, metodiche di induzione (meccanica, farmacologica prostaglandine, ossitocina, amnioressi), e/o accelerazione (ossitocina, amnioressi). Ancora, si potrebbe integrare la rilevazione del CedAP (oltre e in analogia al “Motivo dell’induzione”) con le indicazioni al “Taglio cesareo pre-travaglio” e con le indicazioni al “Taglio cesareo in travaglio” secondo quanto proposto da Robson (3, 12).
Ciò consentirebbe di individuare “classi di indicazioni”, che in analogia alla classificazione in 10 gruppi, permetterebbe di avere una base di confronto per un’analisi più dettagliata.
Conoscere il CedAP, le sue variabili e potenziali applicazioni rappresenta una condizione fondamentale per ragionare in ogni sala parto in termini di appropriatezza, qualità e sicurezza dei percorsi diagnostici-terapeutici e assistenziali come richiesto da ormai un decennio dall’Accordo Stato-Regioni del 2010 concernente «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» e successivamente ribadito dal D.M. 70/2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”.
Uscire dalla cultura del dato come mero obbligo istituzionale per iniziare un processo virtuoso del dato come strumento di conoscenza, valorizzando il lavoro di chi lo produce, lo elabora, condivide e discute, rappresenta una rivoluzione copernicana per l’assistenza ostetrica in Italia, di cui tutti possiamo essere artefici e responsabili.
Solo conoscendo i dati della nostra attività possiamo produrre evidenza dell’efficacia dei nostri interventi e offrire assistenza in modo trasparente alle donne che si affidano alle nostre cure; non solo, ma possiamo lavorare sempre più e sempre meglio affinché il parto sia vissuto come esperienza positiva per le donne, i loro bambini, le loro famiglie e per gli operatori sanitari (13).
I tempi sono maturi per ragionare in maniera dettagliata e consapevole sulla nostra attività.
Courtesy Michael Robson
REFERENZE
- Direzione Generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della Statistica Ufficio di Statistica. Certificato di assistenza al parto (CeDAP).Analisi dell’evento nascita – Anno 2016
- World Health Organization. WHO Statement on Caesarean Section Rates. April 2015
- Michael Robson, Martina Murphy, Fionnuala Byrne. Quality assurance: The 10-Group Classification System (Robson classification), induction of labor, and cesarean delivery. International Journal of Gynecology and Obstetrics 131 (2015) S23–S27
- Rossen J, Lucovnik M,Eggebø TM, et al. A method to assess obstetric outcomes using the 10-Group Classification System: a quantitative descriptive study. BMJ Open. 2017 Jul 12;7(7):e016192
- Michael S. Robson. The 10-Group Classification System – a new way of thinking. AJOG. July 2018. Volume 219, Issue 1, Pages 1–4
- Quotidiano sanità. In Italia un terzo dei parti è ancora col cesareo. In Europa la media è di 1 su 4. Gi ultimi dati Eurostat. 18 dicembre 2019
- Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS). L’andamento della mortalità materna nelle regioni partecipanti – Marta Buoncristiano e Serena Donati, ISS. La sorveglianza ostetrica Itoss: il convegno 2019. ISS, Roma.
- ISTAT. La Mortalità dei bambini ieri e oggi in Italia. 15 gennaio 2014 (e successivi aggiornamenti 18 ottobre 2018)
- World Health Organization. Classificazione di Robson: Manuale di implementazione
- Institute for Safe Medication Practices. ISMP List of High Alert Medications in Acute Care Settings. 23 August 2018
- Alessandro Svelato, Antonio Ragusa, Piero Manfredi. General methods for measuring and comparing medical interventions in childbirth: a framework. BMC Pregnancy and Chilbirth, 2020, in press
- Michael S. Robson. Use of indications to identify appropriate caesarean section rates. www.thelancet.com. Vol 6 August 2018
- World Health Organization. WHO recommendations: intrapartum care for a positive childbirth experience, 2018.
Figura 1. Classificazione di Robson.

Figura 2. Circolo virtuoso processi esiti-assistenza-esiti in ambito perinatale (per cortesia M. Robson).

Figura 3. Tagli cesarei primari Italia 2017 (PNE 2019).

Figura 4. Algoritmo per la Classificazione in 10 gruppi di Robson.
